Noi italiani siamo ancora un popolo di allegri e spensierati estroversi? A quanto pare, no. Non c’è nessuno studio scientifico a dimostrarlo ma solo una serie di esperimenti promossi da un’azienda privata su un numero significativo di persone. Il risultato che emerge è quello di una società sempre più virtualmente connessa ma sempre meno capace di connettersi con l’umanità delle persone. Il luogo simbolo del distacco sociale, che ha modificato una parte del nostro DNA ma anche un po’ della nostra leggenda, è la panchina, dove ben otto italiani su 10 dichiarano che preferiscono sedersi dove non c’è nessuno di fianco. In parte mi accodo anche io a questa schiera che è diventata maggioranza, perché se è vero che quando sono in giro parlo con chiunque, anche con il muro, in un parco sceglierei la panchina isolata o qualsiasi posto poco frequentato. Negli autobus seguo la tendenza opposta: preferisco avere accanto qualcuno, a meno che non emani cattivi odori... Il trend generale sembra essere proprio questo, le persone non parlano più, eccezion fatta per quelle che parlano troppo o discutono da sole. Si condividono sempre più post e sempre meno gesti ed esperienze. Molti si sentono soddisfatti così, o almeno pensano di esserlo poiché hanno perso l’abitudine alle relazioni umane. Un po’ come quelli abituati a mangiare il cibo di “plastica” che hanno dimenticato il gusto del genuino. Spesso i social ci mostrano, anche per scelta, in modo difforme dalla realtà, perché ci compiacciamo nell'apparire diversi da quelli che siamo; niente di nuovo, è solo un altro modo di raccontare bugie. Ma in parte questo nuovo comportamento è figlio della diffidenza, di quel senso di insicurezza o almeno dalla sua percezione che ci ha fatto alzare una barriera; ed è anche figlio della preoccupazione e del disagio, quella sensazione di tristezza che ci ha reso più chiusi. Chi è preoccupato per la ricerca di un lavoro è meno interessato a socializzare con chiunque. E poi c’è la paura di sbagliare, quel timore ad affrontare la vita reale che ci fa rifugiare nel mondo virtuale. Continuo a pensare che è bello sbagliarsi, sbagliare e magari arrossire; anche l’ansia è un’emozione. E’ bello esporsi e magari cadere per poi rialzarsi. Ogni tanto sarebbe meglio appoggiare il cellulare, evitare di ingobbirci, rialzare la testa e guardare negli occhi la bellezza e la bruttezza dell’essere umano.
Pensatore intermittente , sempre condizionato dal cuore , vincolato da un incurabile senso di giustizia. Ha vissuto una vita divisa fra la passione per la politica e la concretezza dell’impegno lavorativo. Ha ricoperto diversi ruoli politici che gli hanno permesso di provare a mettere in pratica le sue idee facendolo scontrare con i muri dell’indifferenza e dell’individualismo. Ora fa l’opinionista per una rivista on line, Perugia Today, come osservatore vicino e distante rispetto al mondo che ci circonda. .
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