Così come molti commentatori politici nostrani, avevo sovrastimato il peso di Kamala Harris sulle elezioni statunitensi. Per noi italiani la vittoria lampante di Trump è stata una mezza sorpresa, mentre per gli americani quasi una conferma. Siamo rimasti un po’ abbagliati ed influenzati dalla continua propaganda che costantemente subiamo dagli organi di informazione nazionali, quelli tradizionali, che fanno tendenza… Ancora una volta hanno dimostrato di avere la stessa credibilità e consistenza della carta igienica usata. Quel costante bombardamento di notizie e sondaggi falsi facevano presagire che Kamala avrebbe stravinto anche negli Stati incerti, quasi a voler condizionare il popolo americano così come tendono a fare verso tutti coloro che ancora cascano nel tranello delle notizie create ad arte. L’errore del Partito Democratico americano è stato fatto all’inizio del percorso. Biden non poteva essere rimesso in corsa per la sua seconda presidenza a causa delle precarie condizioni di salute. Una volta tolto di mezzo dalla competizione, si è scelta la logica della scorciatoia della vicepresidenza, dimenticando i tanti volti interni che avrebbe potuto avere ben altro appeal. La scelta della Harris è stata la peggiore che si potesse fare, non solo per il metodo che ha portato alla candidatura ma per aver scommesso su una figura che già da tempo non riscuoteva le simpatie del suo partito e del popolo americano, anche a causa di una serie di gaffes e dichiarazioni altalenanti che non hanno ammaliato l’elettorato. Mentre le tante cadute di stile del suo avversario sono sembrate quasi più umane, meno ammantate di quel fastidioso senso di distanza e di intoccabilità. Controproducenti anche tutti i vari endorsments di cantanti, attori e personaggi dello spettacolo, da Taylor Swift a Richard Gere, da Bruce Springsteen a Jennifer Lopez perché freddi interpreti che pontificano dentro una sfera di cristallo molto lontana dai problemi di tutti i giorni di qualsiasi semplice cittadino. Per questo motivo anche le spacconate popular del rieletto Presidente Trump, per quanto di cattivo gusto, sono state giudicate più terrene rispetto alle gesta del divo di turno. Ad elezioni concluse è ora di parlare di futuro, di tutti i risvolti politici conseguenti, anche rispetto alla situazione in Europa ed in Medio Oriente mettendo da parte la solita patetica storia che ora che ha vinto Trump gli americani sono tutti ignoranti mentre se avesse vinto la Harris sarebbero stati fini e colti elettori.
Pensatore intermittente , sempre condizionato dal cuore , vincolato da un incurabile senso di giustizia. Ha vissuto una vita divisa fra la passione per la politica e la concretezza dell’impegno lavorativo. Ha ricoperto diversi ruoli politici che gli hanno permesso di provare a mettere in pratica le sue idee facendolo scontrare con i muri dell’indifferenza e dell’individualismo. Ora fa l’opinionista per una rivista on line, Perugia Today, come osservatore vicino e distante rispetto al mondo che ci circonda. .
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