Premesso che, se in questo momento dovessimo andare a votare non mi sentirei rappresentato da nessun partito rispetto a quelli attualmente presenti in Parlamento, sono dell’idea che bisognerebbe sempre avere un approccio laico per valutare le azioni della maggioranza e dell’opposizione, senza alcun limite ideologico. Ciò a cui abbiamo potuto assistere in questi giorni da parte del nostro Presidente del Consiglio, è stato un successo diplomatico che ha avuto il sapore dello stile politico del passato. In qualsiasi altro Paese, maggioranza ed opposizione si sarebbero raccolti di fronte all’evidente buon risultato del loro Premier che non ha mai inchinato la testa pur avendo davanti il Neopresidente degli Stati d’America che in quanto ad arroganza non è secondo a nessuno. Se fosse successo in Francia o in Germania, tutti si sarebbero uniti verso il proprio Presidente o Cancelliere nel riconoscimento di successi che riguardano il Paese intero spinti da un sano orgoglio nazionale senza bisogno di alcuna distinzione partitica. Noi no, non siamo fatti così. La nostra connotazione esterofila e le vecchie divisioni ideologiche non ci permettono di apprezzare anche ciò che procede nel verso giusto. Per anni siamo stati ai margini della politica internazionale, ed ora che la nostra Presidente del Consiglio riceve i complimenti di un più che discutibile Presidente americano che, per quanto lontano dalla nostra cultura, è stato comunque eletto democraticamente, non riusciamo a coglierne l’importanza strategica. E non è la prima volta, basta ricordare il viaggio lampo negli Stati Uniti per chiedere all’appena eletto Trump l’aiuto per la liberazione della nostra giornalista Cecilia Sala. Il nostro è un Governo debole, che a parte qualche eccezione, prima fra tutti quella del Ministro della Giustizia Carlo Nordio che finalmente, senza timori reverenziali, ha messo mano ai privilegi di una casta di intoccabili, rimane attaccato alla scia di Giorgia che nonostante qualche comportamento fin troppo “romano”, ha riportato l’Italia in una centralità internazionale assolutamente imprevista, al punto che di fronte a Trump, non ha mai piegato la testa neanche quando ha voluto difendere Zelensky di fronte all’aggressione russa di Putin, senza alcun tentennamento. Al netto di qualsiasi colpo di teatro della magistratura, così come da poco avvenuto in Francia o in Turchia, credo che stiamo vivendo il Governo più stabile della nostra Repubblica Italiana, di fronte ad una opposizione divisa, litigiosa e troppo elitaria per potersi opporre di fronte all’approccio ultrapopolare di Giorgia Meloni, almeno, fin quando non cambieranno gli interpreti. Sembra di essere tornati indietro nel tempo, in un momento storico della Prima Repubblica, quando personaggi, in alcuni casi anche discutibili, avevano riportato Roma al centro della politica mondiale. Ora, allo stesso modo, è stata riportata la capitale come luogo di confronto diplomatico tra posizioni distanti ma comunque necessari per evitare conflitti mondiali senza ritorno, una trattativa che non riguarda direttamente l’Italia, ma un ponte per tutta l’Europa anche rispetto alla gestione dei dazi. La parte più debole è la promessa sul riarmo fino al 2% del Pil, una pericolosa rincorsa agli armamenti che comunque è giusto ricordare che è stata decisa dall’Europa anche con il voto della maggioranza dei Socialisti. Quindi poche critiche ed un minimo di orgoglio nazionale ci farebbero bene per far crescere una nuova fase politica, più propensa alla concretezza, più matura e meno ancorata alle vecchie ideologie.
Pensatore intermittente , sempre condizionato dal cuore , vincolato da un incurabile senso di giustizia. Ha vissuto una vita divisa fra la passione per la politica e la concretezza dell’impegno lavorativo. Ha ricoperto diversi ruoli politici che gli hanno permesso di provare a mettere in pratica le sue idee facendolo scontrare con i muri dell’indifferenza e dell’individualismo. Ora fa l’opinionista per una rivista on line, Perugia Today, come osservatore vicino e distante rispetto al mondo che ci circonda. .
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